I tre Bijia Mantra Hrim, Klim e Krim vengono associati alle qualità di tre potenti divinità: Shiva, Kama e Kalì.
Mantra Hrim : il Mantra di Shiva
Il mantra Hrim – insieme alle sue altre due varianti Haum e Hum – è il Bijia associato a Shiva.
In particolare il mantra Haum lo celebra nella sua forma di Sadashiva – tradotto come Shiva Eterno o Cosmico – una delle 64 forme di Shiva, rappresentato con 5 teste e 10 mani.
Questo Mantra viene spesso utilizzato, nella tradizione induista, per il risveglio dell’ energia Kundalini.
Mantra Klim : il Mantra di Kama
Klim è il Mantra Seme associato a Kama – dio dell’amore, del piacere sessuale e del desiderio. Tipicamente viene raffigurato come un guerriero con 2 o 8 braccia, mentre brandisce un arco fatto di canna da zucchero e la cui corda è costituita da una fila di api. Ha 5 frecce, che simboleggiano i 5 sensi attraverso i quali può suscitare il desiderio. Il suo veicolo è un pappagallo.
E’ un dio guerriero ed avventuroso, spesso impegnato in battaglie eroiche ed imprese erotiche. Dal nome di questo dio, prende il titolo il celebre trattato erotico indiano Kama Sutra – i Sutra di Kama.
Mantra Krim : il Mantra della dea Kalì
Questo Mantra Seme evoca la dea Kalì, l’aspetto della potenza femminile di Shiva, nella sua qualità di distruttrice. Essa simboleggia le nostre paure più profonde, nella forma della distruzione e dell’annientamento: è aggressiva e terribile, in 1000 modi diversi.
E’ considerata da molti studiosi il prototipo della dea guerriera Durga – cui si associa tradizionalmente il Mantra Dum, con la quale condivide molti tratti in comune: tuttavia appare essere una figura assai più complessa e potente.
Il mito la vuole nata da un sopracciglio di Durga, impegnata in una lotta contro il demone Raktabija – il cui nome può essere tradotto come “Seme di sangue” – considerato invincibile in quanto, ogni volta che una goccia del suo sangue toccava terra, un altro demone come lui veniva generato. Allora Durga evocò Kalì che bevve tutto il sangue di Raktabija per poi tagliargli al testa. Inebriata dal sangue del demone, Kalì diviene così la più spietata tra le divinità: solo Shiva, suo sposo, può riuscire a fermarla.
Pur incarnando gli aspetti oscuri del cosmo e del divino, in realtà Kalì è una figura positiva, in quanto nulla può sorgere o essere edificato, laddove prima non siano spazzati via tutti i resti di ciò che è vecchio e ormai inutile. La distruzione porta a compimento un ciclo, ed è una fase necessaria e cruciale per la successiva creazione.
Tradizionalmente è rappresentata con una collana di teschi umani, di una sessualità intensa che si concentra nell’ ascesa violenta di Kundalini, che tutto distrugge nel suo percorso di trasformazione. Regge nelle mani oggetti con forte significato simbolico: un pugnale – per recidere i legami col mondo – uno scettro – la volontà – e una coppa – simbolo per eccellenza della femminilità che accoglie e riceve, ma che anche divora.
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